Pascoli e prati da sfalcio: ambienti creati dall’uomo |
Pagina 3 di 3 PascoliL’uomo nel corso della storia ha “creato” pascoli distribuiti a quote diverse, che permettono la pratica della “estivazione”, cioè dello sfruttamento con le mandrie della graduale maturazione della vegetazione secondo l’altitudine. A differenza delle praterie alpine naturali di alta quota, si tratta di praterie “secondarie”, ricavate da ambienti arbustivi o forestali a fini zootecnici. La composizione floristica di questi ambienti è caratteristica, ed è condizionata dalle azioni di brucatura e di calpestamento da parte del bestiame: vi ritroviamo specie ben conosciute all’escursionista di montagna. Molte sono le graminacee, come la Fienarola delle Alpi (Poa alpina), la Codolina alpina (Phleum alpinum), o la Festuca rossa (Festuca rubra). Accanto a queste piccole piante poco vistose ma di grande valore pabulare, compaiono specie più appariscenti, come Trifoglio alpino (Trifolium alpinum), Raperonzolo (Phyteuma), Arnica (Arnica montana), Genziana acaule (Gentiana acaulis), Genziana porporina (Gentiana purpurea), Ginestrino (Lotus corniculatus), Millefoglio (Achillea millefolium), Cariofillata montana (Geum montanum), Denti di Leone (Leontodon), Cinquefoglia fior d'oro (Potentilla aurea), Crepide dorata (Crepis aurea), profumatissima Nigritella (Nigritella nigra) o ancora Alchemilla, dalle foglie imperlate da goccioline d’acqua. Importanza particolare nella gestione dei pascoli assume il Nardo (Nardus stricta), una piccola graminacea che ha la caratteristica di formare cespi compatti e di essere molto resistente al calpestamento. In caso di carichi di pascolo mal distribuiti nel tempo e sulle superfici tende a svilupparsi, rubando spazio alle altre specie e impoverendo il valore nutritivo del pascolo. È per questo che sia nel Parco Veglia Devero che nella Binntal si cerca di intervenire incentivando il “pascolo turnato”, obbligando cioè il bestiame a pascolare all’interno di aree recintate con fili elettrificati, regolarmente spostati. Si ripristina in tal modo una situazione simile al passato, quando il pastore non abbandonava mai le mandrie, obbligandole ad una brucatura più omogenea con un migliore sfruttamento delle superfici erbose.
|