Le rocce

L'interpretazione geologica delle Alpi e di questo territorio in particolare ebbero un consistente impulso a seguito della realizzazione del traforo del Sempione, grazie alla possibilità di tarare e confrontare i dati di superficie con le osservazioni e i rilevamenti in profondità lungo il tracciato della galleria.

Il massiccio del Sempione, l'alta Val d'Ossola, il limitrofo territoro vallesano, con cime elevate anche oltre i 3500 metri e valli che intagliano profondamente l'edificio alpino, rappresentano un’eccezionale sezione geologica naturale attraverso il sistema di falde sovrapposte che costituiscono le unità più profonde della catena alpina.

Marmitte di Maiesso
Marmitte di Maiesso
A Maiesso, alla confluenza tra la Valle Devero e la Valle Antigorio, tra Baceno, Premia e Crodo, affiora con una formazione a cupola lo Gneiss di Verampio, detto anche Elemento 0. Rappresenta l’elemento tettonico più profondo conosciuto dell’intero edificio alpino.

Fig: profilo semplificato (da Schardt e Preiswerk, 1908, modificato da Castiglioni, 1958) rapresentante le varie unità tettoniche e che rivela la sovrapposizione di grandi pieghe anticlinali coricate, dette anche falde di ricoprimento

Gneiss

Gneiss
Gneiss
Lo gneiss, una roccia metamorfica formata principalmente da quarzo, feldspati e miche, si forma attraverso processi complessi, per trasforazione sia di rocce sedimentarie (para-gneiss) sia di rocce magmatiche (ortogneiss).

Costituisce alcune formazioni tettoniche rappresentate in particolare dagli Gneiss di Verampio, di Antigorio, del Lebendun, del Monte Leone. 

 

Si tratta di una roccia di grande importanza economica, sfruttata nell’industria lapidea per la caratteristica scistosità che consente la fratturazione lungo piani paralleli non troppo ravvicinati, per ottenere facilmente blocchi o lastre utilizzate nella costruzione di manufatti, muri a secco, o come elementi di copertura dei tetti, le caratteristiche “piode”, utilizzate nell’architettura tradizionale.

 

Rocce ultrabasiche (serpentiniti e anfiboliti)

Serpentinite
Serpentinite
Nella zona compresa tra il Monte Cervandone e la Val Deserta, è inserito, entro la massa dello gneiss del Monte Leone, un complesso di rocce ultrabasiche (=rocce scure a basso contenuto di silice, ricche in ferro e magnesio) di 4-5 Kmc. Esso forma le cime di quel tratto di cresta che dal Fleschhorn attraverso la Punta Marani, la Punta della Rossa e il Pizzo Crampiolo, costituisce lo spartiacque tra l'Alpe Devero e la Binntal. Alcuni prolungamenti affiorano più a meridione, sui versanti est e sud-est del M. Cervandone.

La massa principale è costituita da una roccia formata in particolare da una varietà di serpentino detto antigorite e da olivina. È ricca di minerali ferrosi, la cui ossidazione conferisce superficialmente la tipica colorazione rossastra, mentre sulla superficie fresca la roccia si presenta di un colore verde intenso. La roccia è generalmente molto dura e compatta; in alcune zone si presenta sotto forma di scisti serpentinosi che tendono a frammentarsi facilmente.

 

Metagabbri

Affioramenti molto localizzati sia nella valle di Binn (in prossimità di Freichi) che in Alpe Devero (alla diga orientale del Lago di Devero) sono quelli di rocce prodotte da trasformazione metamorfica di un gabbro, di cui conservano in parte la composizione e la struttura, e per questo dette meta-gabbri. I gabbri sono rocce ignee intrusive, date dal lento consolidamento di magmi all’interno della crosta terrestre.

Anfiboliti

Le anfiboliti sono rocce scistose metamorfiche, di colore verde scuro o nero, contenenti prevalentemente anfiboli.

Le rocce originarie che hanno subito le profonde trasformazioni nel corso delle dinamiche tettoniche della crosta terrestre sono in questo caso basalti, magma ricco di ferro e magnesio accumulatosi all’interno della crosta oceanica.

Tracce di queste testimonianze di eruzioni sul fondo di antichi oceani affiorano tra Binn e Infeld, o in modo puntiforme risultano intercalate agli gneiss del Monte Leone e del Cervandone, o ancora sulla bella parete rocciosa di Balmafredda, a Premia.

Dolomie, calcari dolomitici, gessi

Dolomie
Dolomie
Queste rocce calcaree, sono presenti al contatto tra i calcescisti di Devero e lo gneiss del Monte Leone con affioramenti discontinui lungo una linea disposta tra Veglia, Devero, Binn fino alla Bocchetta d’Arbola.

Si tratta di una fascia costituita prevalentemente da dolomie saccaroidi, marmi dolomitici, quarziti e carniole (caratterizzate dalla presenza di gessi) e sono caratterizzati da un colore grigio chiaro sulla superficie fresca, bianco-giallastro su quelle più alterate. Sono materiali dalle pessime caratteristiche geotecniche, soprattutto per il contenuto di gessi, caratterizzati da un comportamento di tipo plastico, e che costituiscono dei preferenziali orizzonti di scivolamento delle masse rocciose.

Molto importante sul piano mineralogico è l’affioramento di Lengenbach, a monte di Infeld, caratterizzato dalla presenza di numerosi minerali e in cui è stata ricavata una vera e propria miniera sfruttata per l’estrazione di “cristalli”.


Fornace Veglia
Fornace Veglia
Le fornaci per la calce
Nei secoli scorsi sia in Veglia e Devero che nella Binntal erano numerose le fornaci per la cottura della calce. Le strutture troncoconiche delle fornaci erano una presenza diffusa nel paesaggio alpino. Nelle fornaci venivano cotti per sei–otto giorni frammenti di roccia calcarea che venivano estratti dai numerosi affioramenti tra queste montagne.

Una fornace era alimentata notte e giorno con fascine di legna per ottenere temperature di 800°-1000° (con un quintale di legna si otteneva un quintale di calce). La calce viva ottenuta veniva combinata con acqua per ottenere la calce spenta utilizzata in edilizia per fare malta legante. Aggiungendo altra acqua si otteneva il “latte di calce” con potere disinfettante e impiegato per imbiancare i muri. La calce era una risorsa importante per le comunità alpine e minuziose norme stabilite dagli Statuti ne regolavano la produzione e la vendita.

Fornaci visitabili
Alpe Veglia: in ottimo stato di conservazione e recentemente restaurata la fornace situata lungo la strada che porta a Cornù, in prossimità della cascata del Rio Frova.
Alpe Devero: lungo il sentiero natura del Vallaro, una breve deviazione conduce ai resti di una vecchia fornace.
Premia: nel territorio comunale meritano una visita quella di Piedilago, in prossimità della strada statale della Val Formazza, e di Ca’ Francoli, nucleo wlaser tra Alpe Vova e Salecchio Superiore.
Binn: una fornace è attrezzata con pannelli esplicativi lungo un sentiero geologico che da ImFeld arriva alla cava di Legembach, a breve distanza da quest’ultima.
Ernen: nelle vicinanze dell’Alpe Frid una fornace è stata oggetto nel passato di interventi di restauro.

Calcescisti

Calcescisti
Calcescisti
Con questo termine sono compresi sia i litotipi della Zona del Teggiolo che quelli della zona di Faldbach che rappresentano gli antichi terreni sedimentari di copertura che separano i diversi corpi gneissici.

I calcescisti sono costituiti da una larga varietà di rocce scistose, originariamente più o meno calcaree, argillose o quarzose, spesso fortemente alterate e di color ruggine all'esterno per ossidazione di minerali di ferro.

Questo colore superficiale li rende facilmente riconoscibile anche da lontano quando sono vicini o intercalati agli gneiss di tinta più chiara, grigiastra. In prevalenza sono costituiti da calcite, quarzo, mica bianca e biotite: la netta scistosità è dovuta all'orientazione preferenziale delle miche.

Micascisti

Micascisti a granato
Micascisti a granato
Si tratta di rocce marcatamente scistose, fogliettate con evidenti lamine di mica e granati rosso-bruni anche di notevoli dimensioni, ben visibili ad esempio nell’affioramento roccioso su cui è edificata la chiesa di Baceno.

Costituiscono la barra rocciosa che separa Premia e Baceno dalla Piana di Verampio e in queste rocce sono scolpite le tipiche forme di erosione delle Marmitte di Croveo, dell'orrido di Silogno e degli orridi di Uriezzo.