Un cuore verde per due paesi

Alpe Satta
Alpe Satta
La natura non ha confini... Nessun escursionista potrebbe camminare lungo i sentieri della Binntal, dell’Alpe Veglia, di Devero, senza rimanere incantato dallo spettacolo naturale che si offre in ogni stagione.

È la bellezza di una natura ricca, che si manifesta nei colori che variano con lo scorrere delle stagioni, negli adattamenti a condizioni di vita via via diverse, fino a quelle più estreme. 

Una natura che l’uomo stesso nell’arco di secoli ha in parte “addomesticato” con la creazione di habitat non più naturali, ma non per questo meno ricchi: prati da foraggio per la stabulazione invernale e pascoli attraverso cui ogni anno, oggi come un tempo, si ripete il rito della monticazione estiva dei bovini.

Castagneti

Castagno di Maglioggio
Castagno di Maglioggio
Sui bassi versanti di Baceno, fino all’abitato di Croveo, sono ancora presenti a tratti boschi di Castagno, formazioni tipicamente sud alpine, che non ritroviamo sul versante vallesano, dove si spingono all’incirca fino a Morel, a monte di Briga.
Si tratta per lo più di cedui di castagno che, grazie alla forte capacità pollonifera, hanno colonizzato rapidamente i prato-pascoli abbandonati. Un tempo i Castagni erano invece oggetto di interventi colturali finalizzati alla produzione di castagne di buona qualità, attraverso innesto di varietà selezionate, potatura e concimazione. E queste cure si sono mantenute per secoli, fino ad ottenere alberi di dimensioni ed età considerevoli.

Castagno di Osso
Castagno di Osso
Pochi sono oggi i vecchi e monumentali castagni sopravvissuti alla riconquista da parte della vegetazione spontanea dopo l’abbandono. Meritano di essere citati almeno due patriarchi che ancora oggi continuano a produrre il loro frutto: il Castagno di Alpe Stroppa, in prossimità della cascata di Agaro, tra le frazioni Osso e Goglio di Baceno, di oltre cinque metri di circonferenza, ed il Castagno di Maglioggio (frazione di Crodo), di oltre nove metri di circonferenza.

Faggete

Dopo l’ultima glaciazione, con il miglioramento delle condizioni climatiche, lentamente le Alpi sono state ricolonizzate dalle diverse specie vegetali. Tra queste il faggio (Fagus sylvatica), ritornato nelle nostre regioni circa 5.000 anni fa, prima dell’abete rosso e dopo l’abete bianco. Oggi, la sua distribuzione è strettamente legata alle condizioni climatiche: mentre forma estese foreste sul versante sudalpino e nelle valli ossolane in particolare, nel Vallese centrale la sua presenza è limitata. Il faggio mal sopporta infatti il clima secco, o il gelo, e ben si adatta quindi alle condizioni di maggior piovosità che caratterizzano le valli ossolane.

Estese faggete pure si ritrovano ad altitudini che variano tra gli 800 e i 1400 metri sui versanti del Monte Cistella, e sono a tratti osservabili lungo i sentieri di collegamento tra Esigo e Cravegna. Pur non essendo il faggio una specie estremamente longeva, a Goglio, all’inizio della strada di collegamento con l’Alpe Devero si incontra un vero “gigante” risparmiato dal taglio dell’uomo, di quasi cinque metri di circonferenza. Guardando più attentamente, sul versante opposto, sopra l’abitato, nascosti tra gli abeti rossi pochi altri esemplari altrettanto grandi rivelano la probabile funzione di “difesa” delle abitazioni contro il pericolo delle valanghe.

Sul versante opposto del Cistella, nel comune di Varzo, dove per l’esposizione più solatia non riesce a costituire estesi boschi, cinque grandi esemplari in fila, di circonferenza di oltre tre metri, danno il benvenuto all’Alpe Salera.

Abetine di abete bianco

Boschi di Abete e Abete rosso di Bondolero
Boschi di Abete e Abete rosso di Bondolero
L’Abete bianco (Abies alba) ha riconquista questo settore alpino a partire da 8.000 anni fa, in un periodo climatico più caldo, ma lentamente ha perso terreno a favore dell’Abete rosso (Picea excelsa), favorito da un clima più fresco e dall’intervento dell’uomo.

Nel Vallese la sua presenza con formazioni consistenti è limitata ad alcune valli più a sud, mentre nell’area della valle di Binn sono presenti solo individui sparsi.

Sul versante italiano a Goglio, tra Valle Bondolero e Valle Devero, sui versanti del Monte Cistella, il bosco misto di Abete bianco e Abete rosso presenta a tratti i caratteri tipici dell’abetina pura. Sono le propaggini più settentrionali delle splendide abetine ossolane, ben sviluppate in particolare sui versanti esposti a Nord delle valli Antrona ed Anzasca.

Peccete di Abete rosso o Peccio

L’abete rosso (Picea excelsa), costituisce formazioni forestali molto diffuse nel territorio delle valli ossolane e del Vallese.

La “pecceta” nel Vallese rappresenta da sola la metà del patrimonio forestale, ed anche in territorio italiano sui versanti del Monte Cistella e della Valle Formazza, presenta dense coperture. Eppure è l’ultima delle specie arboree ad avere ricolonizzato le Alpi dopo il ritiro dei ghiacciai, circa 4.000 anni fa. Grande “colonizzatore”, grazie alle radici superficiali ben si adatta a suoli anche molto diversi, conquistando rapidamente spazio e invadendo pascoli o terreni abbandonati in altitudine.

Oggi forma grandi foreste, interrotte in alcuni casi solo da canaloni di valanga o da radure di pascolo create dall’uomo. Può spingersi fino al limite superiore forestale, ma molto spesso nella fascia subalpina, sopra i 1600 – 1800 mslm viene sostituito dal larice. Un esemplare di peccio davvero sorprendente, è un vecchio albero a Ponte, in Val Formazza, poco visibile dal paese, ma che vale la pena cercare, sul versante SUD, per i suoi quasi sei metri di circonferenza.

Pinete

Il pino silvestre è una delle specie forestali che per prime hanno ricolonizzato le Alpi successivamente alle glaciazione, formando le prime foreste già 13.000 anni fa. Questa specie pioniera, dopo l’iniziale espansione sui primi terreni poveri, ha poi subito la concorrenza delle altre specie che l’hanno relegato su suoli più poveri, molto secchi o addirittura eccessivamente umidi. In Vallese queste pinete sono molto diffuse ancora oggi, e ne troviamo traccia, seppure a tratti, anche lungo la profonda valle della Binna.

Sul versante italiano sono presenti con discontinuità: ritroviamo boschi significativi sulle alture della Culmine di Crevoladossola, e in Valle Divedro, tra Varzo e Trasquera. E’ in Valle Vigezzo che però raggiungono maggiore diffusione, con le estese pinete ad esempio della Colma di Toceno o della valle del Melezzo: pinete tra le più significative a livello piemontese, che per secoli hanno fornito non solo legname, ma in particolare “resina” che veniva raccolta e lavorata.

Laricete

Laricete con larici vecchi
Laricete con larici vecchi
Gli alti boschi tra Binntal e Baceno sono quasi del tutto costituiti da larice (Larix decidua), in purezza, o a tratti infiltrati dall’abete rosso. È una specie tipica delle regioni interne delle Alpi, caratterizzate da alta insolazione, temperature invernali rigide, suoli anche poveri e superficiali. Unica conifera europea adattata a perdere in inverno le sue foglie aghiformi per meglio sopportare i rigori invernali, in autunno ammanta con il giallo oro delle chiome le alte vallate alpine creando paesaggi fiabeschi.
Vero pioniere di alta quota, molto esigente in fatto di luce, produce piccoli semi alati che germinano con facilità su terreno nudo, anche povero, colonizzando suoli morenici, detritici, pascoli abbandonati o poco utilizzati.

È una specie dotata di grande longevità: oltre il Monte Leone, vicino a Simplondorf esiste un magnifico bosco di larici la cui età supera i 1000 anni! Di altezza e diametro davvero considerevoli sono testimoni silenziosi di grandi avvenimenti storici in una terra di confine: le sanguinose guerre tra Ossola e Vallese, con il passaggio delle truppe prima della sanguinosa guerra di Crevoladossola, le lotte di conquista degli alpeggi, l’arrivo dei primi coloni walser, il passaggio di Napoleone...

Nel Parco Veglia e Devero molti sono gli individui plurisecolari, come i grandi larici della piana di Veglia, di circa 600 anni, oppure dell’Alpe Buscagna, o del Lago Nero, o ancora dell’Alpe Campello, vicino alle baite lungo il sentiero per i Piani della Rossa. In Binntal numerosi alberi secolari si incontrano lungo il sentiero tra Fäld e Freschi.

Larice antico Sempione
Larice antico Sempione
La presenza di numerosi pecci intercalati ai larici, come ben evidente soprattutto in vicinanza dell’Alpe Devero, sembrerebbe indicare che le laricete “pure” di questo versante sudalpino potrebbero essere il risultato dell’intervento umano, che lo ha preferito e mantenuto a scapito del peccio. Si tratta infatti di un’essenza di particolare valore, che fornisce legname di prima qualità, che ha consentito agli artigiani walser di edificare case in grado di resistere agli agenti atmosferici anche per 500 anni. Inoltre le foglie sottili permettono il passaggio di luce al suolo in quantità sufficiente alla crescita delle specie erbacee, mantenendo quindi inalterata la flora dei pascoli e ottenendo pascoli alberati, i cosiddetti “parchi di larice”, oggi sempre più rari a causa del loro parziale abbandono.

L’aspetto più conosciuto ed apprezzato paesaggisticamente delle laricete è quello caratterizzato da un folto sottobosco arbustivo a Rododendro (Rodendron ferrugineum) e mirtillo (Vaccinium mirtyllus): si tratta del cosiddetto “Rhododendro-Vaccinietum laricetosum”. Le estese fioriture di rododendro rappresentano uno degli spettacoli più gratificanti per una escursione di inizio estate in questi luoghi.

Cembrete
Larice e Pino cembro (Pinus cembra) costituiscono le specie forestali che si spingono maggiormente in altitudine, condividendo condizioni climatiche e ambientali simili. Questo monumentale pino, riconoscibile dagli altri pini dai ciuffetti di cinque aghi anzichè due, rispetto al larice cresce più lentamente e adotta una strategia di dispersione dei semi alquanto complessa.

Si presenta quindi solitamente frammisto alle foreste di larice in modo discontinuo, e le foreste di cembro sicuramente più frequenti nei millenni scorsi sono oggi in gran parte scomparse. Fondamentale per il particolare ciclo riproduttivo di questo albero è la raccolta del seme da parte della nocciolaia (Nucifraga caryocatactes), un corvide che costituisce riserve invernali interrandoli in piccole buche nel terreno. Dai rifugi dimenticati o abbandonati, anche dopo anni, germineranno le giovani piante.
Nella Binntal la sua presenza è limitata e discontinua, frammisto ai larici. Uno splendido esempio di vicina cembreta è la foresta che si sviluppa marginalmente al ghiacciaio dell’Aletsch, oggi decretata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, e per questo conosciuta in tutto il mondo.

Sul versante ossolano invece la sua presenza è limitata a pochi esemplari in Valle Formazza (Alpe Stivello) e in Valle Anzasca (Alpe Vittimi, alta Val Segnara). Ma nella storia naturale di questi luoghi la sua presenza è stata sicuramente ben più importante. Un ritrovamento singolare è stato un fossile di pino cembro ritrovato nei sedimenti delle acque del Lago Kastel, a oltre 2.200 metri di altitudine, dove ora non esiste più vegetazione arborea.

Oggi la Regione Piemonte e il Parco Veglia Devero sono impegnati in un progetto di diffusione della specie nel proprio territorio, attraverso messa a dimora di semi raccolti da alberi autoctoni nelle valli limitrofe.

Pinete di pino mugo

Pino mugo di Veglia
Pino mugo di Veglia
Al genere Pinus appartiene anche una specie significativa per le Alpi, il Pinus mugo, cui appartengono due sottospecie le cui aree di diffusione in questo territorio si sovrappongono:

  • Pinus mugo subsp. mugo, con portamento prostrato, alto al massimo 1-3 metri, con branche incurvate e “prostrate” contro il terreno, maggiormente diffuso nelle Alpi orientali, che tende a formare dense formazioni cespugliose.
  • Pinus mugo subsp. uncinata, con portamento arboreo, alto fino a 15-20 metri, che prevale nelle Alpi occidentali.

La salita all’Alpe Ciamporino da San Domenico permette di incontrare individui particolarmente significativi della forma arborea, ben visibili anche dalla seggiovia, mentre lungo il sentiero che da qui collega l’Alpe Veglia attraverso il “sentiero dei fiori, o sentiero panoramico” incontra alcune formazioni di mugo prostrato.