Pascoli e prati da sfalcio: ambienti creati dall’uomo

Prati da sfalcio
Prati da sfalcio
Sin da quando l’uomo ha cominciato a risiedere stabilmente nell’ambiente alpino, la vegetazione naturale ha subito profondi mutamenti. Ampie aree di vegetazione arborea hanno lasciato spazio a colture, prati da sfalcio e pascoli.

Prati e praterie da pascolo, oltre a rappresentare una peculiare risorsa agricola e zootecnica di montagna, rappresentano habitat di eccezionale valore naturalistico, in cui un grande numero di specie sono state favorite proprio dall’uomo attraverso pratiche agricole tradizionali mantenute per secoli.

Paradossalmente, proprio oggi, quando l’uomo rappresenta su scala globale una minaccia per gli equilibri naturali, nelle vallate alpine è invece l’abbandono dell’agricoltura di montagna da parte dell’uomo che determina le condizioni di “minaccia” per questi ricchi habitat, in forte regressione.

Prati da sfalcio

Prati del Devero
Prati del Devero
E’ nei prati che ritroviamo ogni anno intense fioriture multicolori, miriadi di farfalle ed altri insetti intenti a raccogliere i preziosi nettari, o grilli e cavallette che ci accompagnano giorno e notte con il loro melodioso frinire. Primi a rinverdire in primavera, i prati presto si ammantano delle bianche distese di Zafferano alpino (Crocus albiflorus), per lasciare spazio alle fioriture estive di Ranuncoli (Ranunculus), Botton d’oro (Trollius europaeus), Fiordalisi (Centaurea), Vedovina selvatica (Scabiosa columbaria), Campanula (Campanula rhomboidalis), Geranio (Geranium sylvaticum), Margherite (Leucanthemum vulgare). Le graminacee sono meno appariscenti, ma è dovuto ad esse il valore pabulare (come nutrimento per il bestiame) dei foraggi, e ...il profumo! Chi non riconosce a distanza il profumo dolciastro del fieno tagliato all’inizio dell’estate? È il piccolo Paleo alpino, o spighetta odorosa (Anthoxantum alpinum) a conferire questo tipico aroma di “cumarina”.

Canali di irrigazione
Canali di irrigazione
Nella Binntal come nelle Valli Antigorio, Formazza, Divedro, i prati presentano grandi differenze di composizione floristica a seconda delle condizioni ecologiche. I più ricchi di specie sono i cosiddetti prati “magri”, non soggetti a regolare ingrasso, solitamente ricavati su pendii assolati. La loro diversità biologica è stata mantenuta per secoli attraverso la creazione di canali di irrigazione, talora vere e proprie opere di ingegneria alpina, necessari per ostacolare l’eccessiva aridità. Sono le “Bisses”, che rappresentano una vero monumento in Vallese, ma le cui tracce sono ancora reperibili anche sul versante italiano. L’acqua vi scorreva attraverso canali suborizzontali scavati nei pendii, in terra o roccia, o all’interno di canalette in legno, regolate da sistemi di chiuse e deviazioni.

I prati “grassi”, meno ricchi floristicamente, sono invece quelli regolarmente concimati, su superfici pianeggianti e più immediatamente vicini ai centri abitati e alle stalle.

Salendo di quota diminuisce la lunghezza del periodo vegetativo e le condizioni climatiche si fanno più severe. Dai prati di fondovalle, dove il foraggio è tagliato anche tre volte, il numero di tagli diminuisce fino ad uno solo estivo alle quote maggiori. Con l’altitudine diminuisce la quantità di foraggio prodotto, compensato però dall’aumento in proporzione di semi e frutti prodotti dalle piccole piante in rapporto alle parti fogliari: meno foraggio quindi, ma di ottima qualità.

A Crampiolo resistono ancora oggi i prati regolarmente falciati più “alti” della provincia del VCO, ad una quota di quasi 1.800 metri!

Pascoli
L’uomo nel corso della storia ha “creato” pascoli distribuiti a quote diverse, che permettono la pratica della “estivazione”, cioè dello sfruttamento con le mandrie della graduale maturazione della vegetazione secondo l’altitudine. A differenza delle praterie alpine naturali di alta quota, si tratta di praterie “secondarie”, ricavate da ambienti arbustivi o forestali a fini zootecnici.

Genziana
Genziana
La composizione floristica di questi ambienti è caratteristica, ed è condizionata dalle azioni di brucatura e di calpestamento da parte del bestiame: vi ritroviamo specie ben conosciute all’escursionista di montagna. Molte sono le graminacee, come la Fienarola delle Alpi (Poa alpina), la Codolina alpina (Phleum alpinum), o la Festuca rossa (Festuca rubra). Accanto a queste piccole piante poco vistose ma di grande valore pabulare, compaiono specie più appariscenti, come Trifoglio alpino (Trifolium alpinum), Raperonzolo (Phyteuma), Arnica (Arnica montana), Genziana acaule (Gentiana acaulis), Genziana porporina (Gentiana purpurea), Ginestrino (Lotus corniculatus), Millefoglio (Achillea millefolium), Cariofillata montana (Geum montanum), Denti di Leone (Leontodon), Cinquefoglia fior d'oro (Potentilla aurea), Crepide dorata (Crepis aurea), profumatissima Nigritella (Nigritella nigra) o ancora Alchemilla, dalle foglie imperlate da goccioline d’acqua.

Giglio
Giglio
Importanza particolare nella gestione dei pascoli assume il Nardo (Nardus stricta), una piccola graminacea che ha la caratteristica di formare cespi compatti e di essere molto resistente al calpestamento. In caso di carichi di pascolo mal distribuiti nel tempo e sulle superfici tende a svilupparsi, rubando spazio alle altre specie e impoverendo il valore nutritivo del pascolo. È per questo che sia nel Parco Veglia Devero che nella Binntal si cerca di intervenire incentivando il “pascolo turnato”, obbligando cioè il bestiame a pascolare all’interno di aree recintate con fili elettrificati, regolarmente spostati. Si ripristina in tal modo una situazione simile al passato, quando il pastore non abbandonava mai le mandrie, obbligandole ad una brucatura più omogenea con un migliore sfruttamento delle superfici erbose.