Tra terra ed acqua

Eriofori
Eriofori
In questo tratto di Alpi Lepontine tra Italia e Svizzera, una vera peculiarità naturalistica è la presenza diffusa di ambienti umidi:  rive dei torrenti, ruscelli, laghetti in quota, paludi e torbiere contribuiscono in modo decisivo ad una grande ricchezza biologica.

Laghetti alpini

Grazie alla dolce morfologia, numerose conche lasciate dagli antichi ghiacciai sono colmate dalle acque correnti o di falda formando una miriade di piccoli laghi distribuiti tra pascoli, lande o pietraie. Sono ecosistemi di grande ricchezza, che ospitano piccole creature microscopiche, come crostacei (copepodi, dafnie) o alghe, una moltitudine di insetti, piante specializzate, e dove non è raro osservare uccelli migratori che trovano riposo durante i loro grandi spostamenti estivi, come il Piro piro culbianco, il Piro piro piccolo, o il Beccaccino.

Laghetto alpino
Laghetto alpino
Sulla superficie delle loro acque libere ritroveremo facilmente il Coltellaccio natante (Sparganium angustifolium) specie rara, radicata al fondo ma le cui foglie galleggiano sull’acqua. Nonostante sia diffuso per lo più in isolate stazioni delle Alpi Cozie, delle Orobie, Tridentine e Aurine, risulta qui abbondante in numerose stazioni.

Lungo le rive nelle fasce soggette a ritiro dell'acqua nei periodi di siccità, potremmo trovare il piccolo Ranuncolo sradicato (Ranunculus tricophyllus ssp. eradicatus), il Crescione islandico (Rorippa islandica) o il Ranuncolo strisciante (Ranunculus repens).

Il passaggio dalla terra all’acqua è costituito da formazioni vegetali in cui alcune specie caratteristiche "colonizzano" le fasce più esterne del laghetto, e ogni anno disseccandosi contribuiranno in modo decisivo ai processi di interramento con i loro resti organici. Si tratta ad esempio di Carici come la Carice rigonfia (Carex rostrata), o dei Pennacchi (Eriophorum scheuchzeri e Eriophorum angustifolium) dalle caratteristiche infruttescenze a fiocchetto.

Questi specchi d’acqua dolce d’alta montagna sono oggi molto studiati e monitorati dal punto di vista sia biologico che chimico-fisico. Si tratta di ambienti vulnerabili, che nonostante la loro lontananza dalle aree antropizzate, da anni subiscono l’impatto dell’inquinamento, attraverso il fenomeno delle piogge acide. Nell’area compresa tra Valle Ossola (Piemonte) e Canton Ticino (Svizzera) alcuni laghi alpini sono risultati particolarmente sensibili all’acidificazione, in particolare laddove i bacini imbriferi sono costituiti prevalentemente da rocce poco solubili (graniti e gneiss) non in grado di “tamponare” l’acidità degli inquinanti. Se la presenza di rocce calcaree rappresenta una protezione importante per buona parte dei laghetti presenti tra Alpe Veglia, Alpe Devero e Binntal, il problema ha raggiunto gravi conseguenze a breve distanza: alcuni laghi della Val Maggia (Canton Ticino) sono acidificati al punto che le loro acque sono divenute oggi addirittura inospitali per i pesci.

Torbiere

Le torbiere rappresentano ecosistemi molto complessi, oggetto di studio e di significativi interventi di conservazione. Il Parco Veglia Devero, nell’ambito di un progetto di tutela europeo ha redatto uno studio e un piano di gestione per le torbiere più significative. Al confine con il parco, all’interno della Riserva del Binntal, il Consiglio di Stato del canton Vallese ha deliberato dal 1999 la protezione e la conservazione integrale di un’ampia area sottostante alla Bocchetta d’Arbola, chiamata “area umida di particolare importanza, Arbrun”. Questa comprende le torbiere di importanza regionale vallesana “Blatt” e di importanza nazionale “Oxefeld”.

Potentilla palustris
Potentilla palustris
Le torbiere sono generalmente antichi bacini lacustri soggetti ad un progressivo interrimento per accumulo di materiale vegetale, processo che nelle estreme condizioni climatiche alpine può essere anche molto lento. Lo strato erbaceo si affonda in un denso strato di muschi, umidi al tatto, di spessore consistente. Questi muschi sono gli sfagni, vere "spugne" del regno vegetale, in grado di assorbire acqua in quantità fino a venti volte superiore al loro peso allo stato asciutto. La torba è l'humus scuro, quasi nero, che affiora qua e là, povero di elementi nutritivi in quanto formatosi in ambiente molto acido e povero di ossigeno, con forte rallentamento dei processi di decomposizione dei resti vegetali.

Normalmente le torbiere si formano nelle regioni fredde e umide della Terra: ne sono ricche ad esempio Scandinavia e Canada. In Italia questi ambienti, caratterizzati da una flora ed una vegetazione molto specializzate, sono particolarmente rari e si trovano soprattutto nelle valli alpine chiuse, un contesto ambientale che rispecchia la realtà del Parco naturale dell’Alpe Veglia e Devero.

Drosera rotundifolia
Drosera rotundifolia
La vegetazione di una torbiera non è uniforme, ma è costituita da comunità vegetali differenziate a seconda del diverso grado di consolidamento. Le fasce immediatamente in continuità con i residui specchi di acque libere, sono dominate da Carice rigonfia (Carex rostrata) o dalla Cannetta di palude (Phragmites australis) alle quote inferiori (Piana di Devero). E ancora due rare specie dai fiori vistosi: il Trifoglio d'acqua (Menyanthes trifoliata) e la bella Cinquefoglia di palude (Potentilla palustris). Successivamente Pennacchi, Carici, Giunchi ed Equiseti, e tra questi, Parnassia (Parnassia palustris), Primula farinosa (Primula farinosa), Cinquefoglia tormentilla (Potentilla erecta), Tajola comune (Tofieldia calyculata) o Genziana bavarese (Gentiana bavarica).

Ma sarà certamente una piccola e rara pianta insettivora a catturare nella maggior parte dei casi la nostra attenzione: la delicata Rosolida a foglie rotonde (Drosera rotundifolia). Le foglioline sono tondeggianti, lungamente peduncolate e disposte a formare una rosetta radicale. Le pagine fogliari superiori sono ricoperte da sottili peli, detti “tentacoli”, terminanti con una estremità arrotondata secernente una gocciolina di liquido denso, appiccicoso e trasparente, che permettono alla pianta di catturare piccoli organismi animali, e di ricavarne direttamente gli elementi nutritivi di cui necessita (soprattutto azoto e fosforo, scarsamente presenti in questi ambienti).