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Pietra ollare - i laveggi PDF Stampa
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Leuzerie, laveggio di pietra ollare
Leuzerie, laveggio di pietra ollare
La pietra ollare, particolarmente resistente all’usura e di facile lavorabilità, è da sempre impiegata per la realizzazione di complessi motivi architettonici, ornamentali e artistici.
Per la proprietà inoltre di immagazzinare grandi quantità di calore, da secoli viene utilizzata come materiale per la costruzione di stufe e fornetti.
Ma un uso particolare era quello di ricavarne pentole, i “laveggi”, già descritti nel 70 d.C. da Plinio il Vecchio.
I blocchi venivano lavorati al tornio, dapprima all’esterno, poi incisi all’interno con “verghe” metalliche per formare le pareti del vaso.
Con i “ferri da fondo”, ricurvi all’estremità, l’incisione subiva un’inclinazione tale da creare il fondo. In tal modo, da un solo blocco si ottenevano in successione diversi laveggi, via via sempre più piccoli.
Il lavoro di tornitura dava laveggi da mettere sul fuoco, vasi per la conservazione di alimenti, lumi.
Contenitore caratteristico era l’ola, o murter dal bür, destinata alla conservazione del burro fuso.

Pietre ollari non omogenee o contenenti minerali duri, non adatte alla tornitura, potevano venir segate o lavorate con strumenti a percussione.
Con questa tecnica si costruirono stufe, vasche, pietre tombali, imboccature di forni e tanti altri oggetti di uso e di forma molto diversi.

Forma di fusione per la realizzazione di spilloni ritrovata a Toceno e datata intorno al 1000 a.C., conservata presso il Museo Archeologico della Pietra Ollare di Malesco
Forma di fusione per la realizzazione di spilloni ritrovata a Toceno e datata intorno al 1000 a.C., conservata presso il Museo Archeologico della Pietra Ollare di Malesco
In Valle Vigezzo (a Toceno) sono emerse prove dell’utilizzo di forme di fusione per il bronzo addirittura a partire dagli anni intorno al 1000 a.C.; recipienti in pietra ollare sono stati inoltre ritrovati in alcune tombe delle necropoli di Ornavasso (I secolo a.C.), in una tomba a Masera di epoca imperiale romana (I secolo d.C.), a Folsogno, Malesco e Toceno (Valle Vigezzo), in tombe del I - II secolo d.C.
Anche in Canton Ticino sono stati ritrovati numerosi reperti risalenti ai primi secoli dopo Cristo.


Cave di Fondo li Gabbi
La maggior parte degli affioramenti di pietra ollare si trova in località poco facilmente raggiungibili. Non è così per alcuni massi in Valle Loana, in località Curgibin.
Si trovano lungo la strada che da Malesco sale lungo la Valle Loana, poco a valle di Fondo li Gabbi e del piazzale terminale.
Un vecchio pannello metallico inciso richiama l’attenzione sopra al muro di contenimento in cemento della strada.
Qui è ben visibile un masso che reca i segni evidenti di estrazione di blocchi per la lavorazione di laveggi al tornio, che appaiono come grandi fori circolari di diversa profondità.
Alcuni blocchi superiori non sono stati interamente estratti, lasciando intuire le modalità con cui l’artigiano li estraeva attraverso un lavoro di precisione, per evitare che si fratturassero.


Il Museo Archeologico della Pietra Ollare a Malesco

L’allestimento del museo offre possibilità di visita autoguidata attraverso
L’allestimento del museo offre possibilità di visita autoguidata attraverso
A Malesco ha sede l’Ecomuseo ed leuzerie e di scherpelit (della pietra ollare e degli scalpellini), che permette di scoprire, attraverso le risorse diffuse sul territorio, l’uso della pietra in questi luoghi come elemento materiale e culturale insostituibile.
Obiettivo della sua istituzione vuole essere la ricostruzione, la testimonianza e la promozione della memoria storica, della cultura materiale, delle relazioni tra ambiente naturale e antropizzato, nonché delle usanze e del modo in cui l’insediamento tradizionale ha caratterizzato la formazione e l’evoluzione del paesaggio.
L’ elemento centrale è il “Museo Archeologico della  Pietra Ollare”, del Parco Nazionale della Val Grande, promosso dal Comune di Malesco e realizzato in collaborazione con la soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte.
Il percorso del Museo coniuga archeologia ed etnografia raccogliendo importanti reperti rinvenuti in Valle Vigezzo, dando particolare risalto agli strumenti del lavoro quotidiano ed ai prodotti dell’abilità degli antichi scalpellini locali, e tracciando la più antica storia dello sfruttamento della pietra ollare in questi luoghi.
Il Museo è ospitato in un antico palazzo, oggi interamente restaurato, che ospitò la Pretura della Valle Vigezzo ed il Tribunale dell’Inquisizione.

Museo Archeologico della Pietra Ollare - Piazza Ettore Romagnoli, 1 - Malesco (VB)


Il Museo di Cevio

Il Museo di Cevio
Il Museo di Cevio
A Cevio, in Valle Maggia (Canton Ticino) ha sede il Museo di Valmaggia, retto da un’associazione cui aderiscono le amministrazioni pubbliche della valle e molti cittadini privati.
Si tratta di un importante punto di riferimento culturale ticinese, nato con lo scopo di salvare e valorizzare le testimonianze della cultura materiale, prezioso patrimonio storico che negli anni del secondo dopoguerra andava rapidamente disperdendosi.
Il Museo possiede due sedi espositive, nelle quali vengono proposte al pubblico mostre permanenti e temporanee.
La sede principale, ospitata nel Palazzo Franzoni, casa borghese del XVII secolo con sede a Cevio Vecchio, è dedicata alle esposizioni permanenti che approfondiscono temi legati alla vita dell’uomo e ai suoi bisogni per la sopravvivenza.
La sezione dedicata alla pietra ollare, diffusamente presente nella Valle Maggia, è particolarmente significativa e importante. La seconda sede, posta in vicinanza della precedente, oltre ad uno spazio dedicato ad una mostra permanente ospita soprattutto le esposizioni temporanee. 


La fontana del “basilisco” di Malesco

La fontana del “basilisco” di Malesco
La fontana del “basilisco” di Malesco
Ultimata nel 2002, la fontana della Piazza della Chiesa di Malesco è un’opera ricca di richiami alla natura, al forte legame tra questa e l’uomo di montagna, e all’immaginario.
Al centro della struttura è posto un masso di pietra ollare proveniente dalla Valle Loana.
Si presenta nel tipico colore verde con sfumature rosse per effetto delle ossidazioni dei minerali di ferro, e reca ben visibili antichi segni di estrazione.
In pietra ollare sono pure i quattro fiori posti sul bordo superiore della fontana.
Questi particolari e la forma della stessa fontana riproducono un piccolo fiore giallo a quattro petali, comune nei pascoli di montagna, e presente nello stemma del Comune di Malesco, la Potentilla tomentilla (Potentilla erecta).
La creatura aggrappata al masso centrale è un’interpretazione del Basilisco (il Berzelèsk), creatura immaginaria che ricorre nelle leggende locali.


Il “masso della fertilità”
A Malesco, nella pineta all’uscita del paese in direzione di Re, si trova un masso erratico in pietra ollare conosciuto come il “masso della fertilità”, dove evidenti tracce testimoniano l’uso come “scivolo”.
Per la tradizione rappresenta una testimonianza di antichi riti legati alla fertilità femminile.

 
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