L’arte dello sbalzo PDF Stampa E-mail
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Scritto da Paolo    venerdì 15 giugno 2007

Atrrezzi per Arte dello sbalzo
Atrrezzi per Arte dello sbalzo
E’ curiosa la storia dell’arte dello sbalzo in Valle Vigezzo. Negli anni Venti, il prof. Luciano Gennari, insigne letterato e profondo conoscitore dell’artigianato dei preziosi, convince Remigio Covetta, fabbro di Santa Maria Maggiore, a imparare a lavorare il rame, l’alpacca e l’ottone (tecnica manuale ancora sconosciuta in Italia). Vasi, coppe, piatti, impugnature foggiate come boccioli di rosa, persino portaostriche prendono via via forma dalle lastre sottili piegate, plasmate, attorcigliate, sbalzate ed incise da un martelletto arrotondato che le percuote millimetro per millimetro in ogni angolo e spazio. In poco tempo Covetta si specializza acquisendo notorietà anche al di fuori dei confini nazionali e, negli anni, la sua bottega, diventa tappa obbligata per una clientela raffinata ed esigente (il generale Raffaele Cadorna era un assiduo acquirente). Il fiore all’occhiello della ditta Covetta è il piatto proposto in diversi modelli: il barocco leggermente ondulato, l’inglese liscio e severo, lo spigatino a sottili nervature, il rosone con morbidi rigonfiamenti.

Con il passare degli anni molti altri vigezzini si cimenteranno con successo nell’arte dello sbalzo: tra questi Carlo Viglino e Bruno Gnuva - che arriverà ad esporre i suoi lavori a Firenze, Monaco di Baviera, persino in Argentina. Ai giorni nostri tra gli artisti cesellatori ricordiamo il figlio di Remigio, Bruno Covetta; la sua produzione riprende quella del passato (brocche per acqua, panieri, vassoi, servizi da caffè, candelieri, …).

Collezione di peltri
Collezione di peltri

Attualmente si privilegia l’uso dell’alpacca che non richiede stagnatura, non annerisce e può stare a contatto con cibi e bevande. Al contrario gli oggetti in rame e ottone richiedono una stagnatura interna, pur rimanendo lucidi e brillanti all’esterno come quelli in alpacca.

Ultimo aggiornamento ( venerdì 04 gennaio 2008 )  
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