Fontane e lavatoi

La fontana è il “contenitore” dell’acqua che meglio caratterizza l’ambiente storico e umano delle nostre vallate, lo individua fornendo elementi distintivi ai suoi fruitori e agli abitanti, generando un’immagine di bellezza e di rigogliosità.

A queste rete di rimandi e significati, si aggiunge la funzione architettonica o artistica della fontana come parte della cultura materiale dei nuclei rurali (la presenza di sorgenti, costituiva, molto spesso, un fattore fondamentale per l’ubicazione delle baite sugli alpeggi).

Una fontana a Cannobio
Una fontana a Cannobio
La fontana e l’acqua sono l’elemento vitale della vita comunitaria, simbolo dell’incontro, della socialità, punti di scambio generazionale (la tradizione vuole che, in alcuni paesi, l’arrivo di una sposa “venuta da fuori” alla fontana, ne costituisse il battesimo comunitario), metafore materiali di un senso di appartenenza.

I lavatoi, dove le donne si riunivano per fare il bucato, erano veri e propri “regni” femminili, un raro momento di socializzazione e condivisione, fatto di chiacchiere e canti. Qui si svolgeva la laboriosa pulitura con cenere, acqua calda e risciacqui nelle fredde vasche. Il bucato si faceva nei giorni ventosi, così la biancheria posta ad asciugare si poteva riporre nell’arco della giornata, ma non si lasciava asciugare completamente per poterla ripiegare più facilmente. D’inverno, nei giorni di sole, si poteva stendere la biancheria anche sulla neve gelata.

Da vedere in Val Vigezzo

a) Lavatoio di Mozzio
Ancora oggi utilizzato, il lavatoio di Mozzio, frazione di Druogno, a circa venti minuti da Coimo, è ubicato lungo un bellissimo sentiero che va verso ovest a lato della strada. È formato da una doppia vasca a filo dell’ingresso che impone di lavare stando in ginocchio.
Le sue vasche in sasso hanno, come tutti i lavatoi, i bordi inclinati, per permettere alle donne di sfregare i panni con maggiore forza e agio. E’ necessario che le vasche siano almeno due, una per lavare la biancheria e l’altra per sciacquarla dalla cenere di faggio usata, mista all’acqua, per sbiancare i panni.

Lavatoio di Albogno
Lavatoio di Albogno

b) Albogno
Segnaliamo, ai visitatori più appassionati, un interessante lavatoio che si trova fuori dal centro abitato, sul versante sotto il paese, a lato della mulattiera che collega la frazione a Druogno. Esso è posto vicino ad una roggia e non è troppo distante dalle tracce di un insediamento formato da piccole baite attorniate da castagni, posto sullo stesso sentiero.

c) Sagrogno: fontana con funzione di abbeveratoio o albi
Questo tipo di fontana, storicamente utilizzata dal bestiame, appare di forma più rustica rispetto alle fontane adibite alla popolazione. Il mestolo che era appeso alla canna d’uscita, per permettere alle persone di bere, era testimonianza della promiscuità in cui uomini e animali vivevano, mangiando bevendo e dormendo negli stessi luoghi.

d) Buttogno: fontana con funzione di abbeveratoio o albi
Posta nella piazzetta principale del paese si tratta di un monolite scavato nella beola (tipica roccia locale, uno gneiss micaceo di colore grigio chiaro) con pilone a base quadrata dello stesso materiale.

e) Lavatoio di Crana
Lungo la strada che porta verso Toceno, sotto una grande terrazza, si trova il lavatoio comunitario di Crana. Le sue tre vasche di pietra non sono, questa volta, a filo del terreno e presentano il tipico disegno con le pareti oblique.

f) Fontane di Santa Maria Maggiore
Le fontane adibite alla popolazione erano costruite in centro abitato e avevano, oltre ad una funzione utilitaristica, anche una estetica. Esse sono in pietra o, più raramente, in metallo, di forma circolare o semi-circolare, con un piccolo pilone centrale decorato. A Santa Maria Maggiore troviamo una splendida fontana (presumibilmente ottocentesca) in Piazza Risorgimento (1), caratterizzata da vasca circolare in pietra, pilone centrale in metallo, che culmina con una sfera su cui è appollaiata un’aquila, raffigurata nello stemma comunale. Simili a questa, ma semi-circolari, altre tre fontane che si trovano rispettivamente in Via Borgnis, dove c’è la piazzetta (2), Via Rosmini (3), Via Rossetti Valentini (4). La peculiarità di queste tre strutture è il possente pilastro in pietra ollare o laugera (un tipo di roccia di colore verde scuro, estremamen te malleabile utilizzato soprattutto per la costruzione di stufe, che ne sfruttano le caratteristiche fisiche) che porta incisa una sobria decorazione geometrica.

Lavatoio e di Vocogno
Lavatoio e di Vocogno

g) Lavatoio e fontana albi di Vocogno
Attraversato in direzione di Craveggia il delizioso abitato della frazione di Vocogno, solidamente aggrappato al versante, si osservi la casa su cui ancora campeggia in perfetto stato l’antico stemma del comune di Vocogno e Prestinone, in graffito dipinto. Di lì, si scende una scaletta che porta, sotto il livello della strada, ad un ponticello retto da tre grossi pilastri che separano tre fontane albi in pietra collegate tra loro da un canale in pietra che attraversa i pilastri. Sopra la vasca centrale un vecchio cartello ammonisce i genitori a pagare le spese derivanti da eventuali danni perpetrati dai figli. Sorprendentemente, a due passi dalle fontane, una lunga costruzione presenta due stanze-lavatoio: la più vicina all’ingresso, più piccola, presenta due vasche in pietra quasi a filo del pavimento, per lavare in ginocchio (queste erano le vasche in cui un tempo si lavava d’inverno, perché l’acqua, arrivando direttamente dalla sorgente, restava più tiepida); l’altra, molto più grande, accoglie sei vasche in pietra (purtroppo oggi l’interno è rivestito di cemento) nelle quali scorre l’acqua che arriva dall’acquadotto e nelle quali si lava in piedi. Dalle grandi finestre dell’edificio la vista è magnifica. Fino agli anni ’80, questa area doveva costituire un vero e proprio “centro” comunitario, perché, appena sopra il lavatoio, funzionava ancora la stanza in cui si riscaldavano i pentoloni d’acqua per lavare i panni ed esisteva ancora il forno comune.

h) Lavatoio di Craveggia
Raggiunto l’elegante abitato di Craveggia, lungo la via che entra diretta in paese, si trovano due interessanti fontane: la prima è all’inizio della via, un po’ riparata da una nicchia. Si tratta di una fontana semicircolare, con un rubinetto arricchito da una bocca simile a quella del tritone alpino. Sopra alla fontana, campeggia questa insegna: “Ai sensi dell’art.10 del regolamento di polizia urbana rurale è proibito di gettare lordure od altra qualsiasi materia nelle pubbliche fontane ed anche solo d’intorbidare l’acqua. Contravventori saranno puniti colla multa di lire 20 per la prima volta e di lire 50 per la seconda servendo ora quest’acqua per l’asilo infantile”. Centro metri più avanti, troviamo, all’inizio di una mulattiera che si stacca sulla sinistra, un grande albi in cui sgorga “acqua magnesiaca”. Su una parete della fontana è incisa la data 1762. Questa vasca è interessante anche dal punto di vista storico, perché, trovandosi sulla via che porta al pasquè (piazzale di raduno delle capre per andare all’alpeggio), essa era sicuramente utilizzata anche dal bestiame. A sud dell’abitato, nei pressi del cimitero, si trova il lavatoio con la stanza della furnèla: qui, con la legna, si riscaldavano l’acqua e lo smeglio (acqua, sapone, cenere filtrata riciclate parecchie volte) per fare il bucato. Con questo sistema, si lavava e si insaponava la biancheria, poi la si metteva in una tinozza: sul fondo stava la biancheria colorata, poi i sacconi della bisaca (sacchi riempiti di foglie usati come materassi), le lenzuola di canapa, quelle di cotone e infine la biancheria più delicata avvolta in un drappo). In una caldaia molto capiente, per un’ora, si faceva bollire in acqua un secchio di cenere di faggio che, filtrata attraverso un tessuto a maglie spesse (inbigaur), veniva poi versata sulla biancheria. Questa operazione, alternata alla pulizia degli attrezzi utilizzati, veniva ripetuta tre volte. Per effettuare questa complessa attività erano necessarie più donne che nei giorni del bucato si liberassero da ogni altro impegno.

i) Lavatoio e fontane di Malesco
Un lavatoio degno di menzione per originalità e dimensioni è quello di Malesco (1), la cui costruzione fu avviata nel 1895. Il tetto presenta una copertura a quattro falde, in piode. Il portone d’accesso è sul lato ovest dell’edificio. Il pavimento è in lastre grezze di pietra. Al centro del locale, a partire dalla parete di destra, troneggiano otto vasconi in granito, quattro per ogni lato. Ogni vasca è lunga 190 cm, è larga 115 cm ed è alta esternamente 85 cm: grazie alla notevole ampiezza ogni vasca permetteva a tre donne di lavare contemporaneamente, perciò nel lavatoio potevano trovare posto ben 24 lavandaie.

Fontana di Malesco con Basilisco
Fontana di Malesco con Basilisco

Fontana di Piazza della Chiesa a Malesco (2)
Di recente realizzazione e degna di menzione per l’originalità e il legame che mantiene con l’immaginario collettivo tipico delle aree alpine (favole, mostri, malie, simboli) è la fontana in Piazza della Chiesa a Malesco, dedicata alla figura mitica del Basilisco. Infatti, essa rappresenta, su una base litica che ha la forma dell’antica rosa raffigurata nello stemma comunale, l’animale fantastico della tradizione orale vigezzina. Esso, narrano le leggende, è un rettile ricoperto di scaglie multicolori, ha una cresta, ali da pipistrello e agili zampette corte.

l) Villette: fontana con funzione di abbeveratoio o albi
Il particolare abbeveratoio di Villette è ubicato in prossimità della mulattiera che porta a Re. La fontana è denominata “giù giù” (probabilmente, per la sua ubicazione decentrata rispetto all’abitato) ed è chiusa su tre lati, con una copertura in pietra locale (beola), corredata da un dipinto e da poco ristrutturata dal Gruppo Alpini del paese; la sua peculiarità è il doppio canale di erogazione.

Da vedere in Valle Cannobina

In Valle Cannobina, lo sfruttamento delle acque sorgive è testimoniato dalla presenza, ancora oggi, di numerosi lavatoi e fontane. Ogni paese aveva, di norma, almeno un lavatoio pubblico e numerosi altri privati; a Gurro e dintorni, ad esempio, si contavano, fra piccoli e grandi, quarantadue lavatoi, dei quali cinque pubblici! Molti di questi manufatti sono andati perduti; se ne conservano, tuttavia, esempi interessanti in quasi tutti i paesi della valle.

Grandi lavatoi coperti si trovano, per esempio, a Socraggio (1881), all’inizio del paese, a Cavaglio, all’imbocco della strada per Gurrone, e a Spoccia. A Falmenta, dopo la chiesa, sulla strada per La Valle, si incontra il lavatoio del Cursamè mentre a Cursolo, sulla mulattiera che scende ad Airetta, un piccolo sentiero conduce al lavatoio di Cuslor, il più grande fra quelli situati nei paesi.

Lavatoio del Cursamè
Lavatoio del Cursamè

Nelle frazioni del lago ricordiamo il lavatoio di Sant’Agata, lungo la strada per Socragno, risalente al 1838. Sia nei paesi che negli alpeggi sono, poi, molte le fontane; sono in genere dotate di grandi vasche in pietra e per questo alcune di esse erano dette Albi, da un termine dialettale che significa conca, catino. Certe erano famose per la freschezza e limpidezza delle acque che da esse sgorgavano, come l’albi che si trova sopra Orasso, sul sentiero Monte Cotto Graduscio.

In genere di fattura molto semplice, solo alcune si distinguono per una ricerca anche estetica; fra queste ricordiamo le fontane di Cannobio ed in valle vi l’albi di Cursolo, in via Fontana. Si compone di due vasche di pietra accostate, una, più grande, di forma rettangolare, l’altra a conca semicircolare, che riceve acqua da un foro ricavato nella vasca superiore. La vasca più grande ha all’estremo un pilastrino, sormontatoda una sfera di pietra, dal quale fuoriesce il cannello dell’acqua.