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Le fornaci della calce PDF Stampa
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Fornace di Moneto
Fornace di Moneto
Il carattere chiuso dell’economia delle comunità di montagna ha portato allo sviluppo di forme produttive autonome.
Tra queste la produzione artigianale della calce, che avveniva “cuocendo” ad alte temperature frammenti di roccia calcarea.
La presenza di affioramenti calcarei, marmi in particolare, coincide costantemente nelle vallate alpine con la presenza di “fornaci”, particolari strutture destinate a questa complessa operazione.
Le fornaci si presentano generalmente come strutture a pianta circolare di circa due metri di diametro, parzialmente interrate, costruite con blocchi e lastre di sasso.
L’accumulo ordinato al suo interno dei blocchi di calcare permetteva di ricavare una camera sottostante che costituiva la zona di alimentazione del fuoco.
Le operazioni di cottura duravano da 6 a 8 giorni.
Il fuoco veniva alimentato in continuazione, giorno e notte, con fascine di legna e ramaglie (in media un quintale di legna per quintale di calce ottenuta).
A 800°-1000° il carbonato di calcio (Ca CO3) contenuto nel calcare e nel marmo reagisce liberando anidride carbonica (CO2): il prodotto finale è l’ossido di calcio (CaO) o calce viva che si presentava come una fine polvere bianca.
Fornace di Fondo li Gabbi
Fornace di Fondo li Gabbi
La calce viva, combinata con l’acqua, produce una massa leggera e polverulenta detta calce spenta. Con ulteriore aggiunta di acqua si forma una pasta bianca e omogenea con potere legante, detta grassello, utilizzata in edilizia per ottenere la malta; mescolata con abbondante acqua si forma invece una sospensione bianca detta latte di calce utilizzata con potere disinfettante per imbiancare i muri.

 

 
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