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Gli spazzacamini PDF Stampa E-mail
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Scritto da Paolo    venerdì 08 giugno 2007

Veste e attrezzi dello spazzacamino
Veste e attrezzi dello spazzacamino
Se il Canto degli Spazzacamini, filastrocca mimata e cantata nel periodo del Carnevale, si diffondeva per le strade della Firenze di Lorenzo il Magnifico e se vi sono affreschi medioevali che raffigurano i camini, possiamo pacificamente dedurre che il mestiere dello spazzacamino ha una storia lunghissima alle spalle.

Le aree italiane che vennero interessate da veri e propri fenomeni di emigrazione degli spazzacamini furono: la Valle Mosso, la Valle Dell’Orco, Valle d’Aosta, la Valle Vigezzo e la Valle Cannobina. Spazzacamini e reclutatori di questi ultimi, giunsero anche dalla Svizzera, in particolare dal Ticino.

Come sempre, a scatenare il fenomeno, fu l’estrema povertà di quelle terre.

Infatti, un detto comune alle Valli Vigezzo e Cannobina, recitava così: “Qui da noi il terreno è grasso, via la neve resta il sasso”.

I Vigezzini emigranti iniziarono quasi sempre la loro attività via di casa come spazzacamini (rusca) e, molti di essi, intraprendenti, scaltri, grandi lavoratori, riuscirono a raggiungere posizioni ragguardevoli nelle città in cui erano espatriati.

Molte famiglie mandavano i figli “a spazzacamino” per avere delle bocche in meno da sfamare…i “bocia”vigezzini, piccoli, piccolissimi, sei o sette anni, magrolini e tenuti a stecchetto dai padroncini, perché si potessero meglio infilare lungo le canne fumarie per effettuare la pulizia, venivano salutati dalle madri alla cappella “dell’addio”, una minuscola cappella che oggi conserva un affresco di G.B.Ciolina, posta lungo la strada che i bambini dovevano percorrere per raggiungere le città in cui andavano a lavorare: città del nord Italia, ma anche città estere come Parigi, Lione, Amsterdam, Vienna.

Questi bambini conducevano una vita infame: subivano le angherie dei padroni che li sfruttavano, dormivano solitamente su pagliericci sporchi e sfatti, mangiavano poco e niente per poter eseguire il lavoro al meglio.

Comignolo a Verdasio (CH)
Comignolo a Verdasio (CH)
Il camino poteva essere pulito internamente stando in cima al tetto e inserendo nel comignolo il riccio (un attrezzo metallico a forma di raggiera, legato ad una corda cui era attaccato un peso) fatto passare su e giù in modo che grattasse le pareti; oppure direttamente dal bocia il quale si arrampicava all’interno della canna fumaria tenendo in mano la raspa (un attrezzo metallico a forma di paletta piegata ad angolo retto) e con il volto coperto da un cappuccio (escamotage del tutto inutile ai fini di una protezione di qualche tipo, giacché moltissimi bambini si ammalavano alle vie respiratorie). In quest’ultimo caso, per dimostrare di aver pulito l’intero passaggio, i bambini, una volta arrivati in cima, dovevano spingere la mano fuori dalle fessure del comignolo, in modo da essere visto dal padrone.

Quando giravano in città in cerca di lavoro, gli spazzacamini attiravano l’attenzione della gente urlando il proprio nome “spazzacaminooooooooo”, in modo che chi avesse bisogno della pulitura dei camini potesse sentire.

Lo sfruttamento al quale i bambini erano sottoposti non ammetteva ribellioni: quella era l’orribile percorso che altri avevano effettuato prima e che altri avrebbero attraversato dopo.

Accanto a tante storia di miseria, c’era anche chi riusciva ad effettuare una vera e propria scalata sociale ed economica: spazzacamini che riuscivano ad aprire botteghe in proprio, diventando ricchi fumisti; rusca che riuscivano ad aprire attività di commercio legate all’oreficeria e ad altri commerci di alto livello.

Certamente, una mano è stata data loro dall’editto con cui, nel 1612, venne concesso agli spazzacamini vigezzini di vendere chincaglierie e altri oggetti (a questa attività di vendita si dedicavano quando il periodo di pulizia dei camini terminava) senza dover pagare tasse e balzelli. Ciò avvenne perché, un rusca vigezzino con il suo bocia, intenti al lavoro in un salone del palazzo del Louvre (residenza del Re prima del suo spostamento a Versailles), ascoltarono un complotto ordito ai danni del sovrano e, riferito il tutto alla potente dama di corte Galigai, fecero arrivare la notizia all’orecchio della madre dell’allora minorenne re Luigi XIII, Maria de Medici, la quale, per ringraziare i Vigezzini della preziosa collaborazione fece, appunto, promulgare l’editto in loro favore.

Museo dello spazzacamino -  Santa Maria Maggiore
Museo dello spazzacamino - Santa Maria Maggiore
La dolorosa storia vigezzina potrebbe essere trascritta in modo identico, purtroppo, anche per le vallate limitrofe come la Cannobina, a proposito dei cui spazzacamini Virginia Tedeschi Treves, con lo pseudonimo di Cordelia, racconta in un articolo sulla rivista “Il Secolo XX” nel 1906: “(…)In città girano per le vie popolose, timidi e quasi smarriti, si nascondono negli angoli delle piazze a due, a tre, come piccoli congiurati, sgusciano in mezzo alla gente colla faccia nera, le vesti lacere e sporche, il sacco, la raspa e il gratino, indivisibili arnesi del loro mestiere”.

Sia gli spazzacamini cannobini, sia quelli ticinesi (a volte anche quelli vigezzini, se si dirigevano nelle città italiane), partivano in barca: i primi da Cannobio, i secondi da Locarno.

A testimoniare della larga diffusione del fenomeno nel Canton Ticino, c’è una ricca letteratura sia a sfondo storico sia di taglio sociologico.

Ultimo aggiornamento ( martedì 01 aprile 2008 )  
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