Il castagno PDF Stampa E-mail
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Scritto da Paolo    giovedì 20 dicembre 2007

“Il castagno tra coltura e cultura”

Castagni
Castagni
Il castagno (Castanea sativa) ha in assoluto rappresentato una delle risorse naturali che maggiormente hanno garantito per secoli la sopravvivenza delle popolazioni degli ambienti montani e collinari. E anche in quest’area geografica di confine tra Piemonte (I) e Canton Ticino (CH), come lungo tutto il versante sudalpino, la castanicoltura da frutto rappresentava un elemento economico e sociale fondamentale, e per questo la gestione dei castagneti era attenta ed oculata, tanto da essere regolata da apposite norme statutarie.

Il vocabolo dialettale per il castagno da frutto è “arbul”, l’albero per eccellenza. Le castagne, nutrienti e conservabili a lungo, erano una componente rilevante delle mense contadine povere, specialmente nei mesi invernali. Studi recenti hanno dimostrato che un castagno da frutto di settant’anni può fornire il fabbisogno alimentare di sei mesi per un montanaro. La raccolta delle castagne, oltre al consumo diretto, permetteva anche una modesta commercializzazione, sia nella Bassa Novarese che in Vallese.

Nell’ambito del progetto interreg Intereg IIIA “il castagno tra coltura e cultura”, sono state realizzate una serie di azioni destinate al recupero a alla valorizzazione di castagni di pregio nei territori tra Trontano, Valle Vigezzo e Valle Cannobina, con il coinvolgimento di partner svizzeri, nello spirito della collaborazione transfrontaliera.


L’evoluzione della coltivazione del castagno tra il Lago e le Alpi

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  • Tra XI e XIII secolo ha inizio la coltura sistematica del castagno, che andò estendendosi progressivamente
  • Nel XV-XVI secolo il popolamento delle valli interne del Verbano e dell’Ossola raggiunge il suo picco massimo
  • Dopo una contrazione dovuta alla piccola era glaciale (XVI-XVII sec.), la coltura del castagno riprenderà alla fine del XVII e nel XVIII secolo con una ripresa estensione dei castagneti da frutto a scapito dei querceti e dei castagneti cedui
  • Nel XIX secolo, epoca della rivoluzione delle strade che permettono l’afflusso di prodotti cerealicoli dalla pianura e di diffusione della patata, vede l’inizio della crisi del castagno da frutto che conserva ancora un ruolo importante nell’alimentazione contadina, ma non più centrale come ammortizzatore delle crisi cerealicole. 
  • La crisi definitiva della coltura del castagno da frutto avviene nel secondo dopoguerra 

Trontano

Castagneto di Trontano
Castagneto di Trontano
L’importanza dei castagneti di Trontano nell’economia contadina delle Quattro Terre (Trontano, Masera, Beura e Cardezza) emerge in un documento del XVI secolo. Si tratta del decreto di Ferdinando Gonzaga, capitano generale e luogotenente di Sua Maestà nello Stato di Milano, con il quale si riduce la quota del Mensuale (tassa straordinaria imposta dagli Sapagnoli) a favore delle terre dell’Ossola Inferiore.
Nel Bollettino del Comizio Agrario Ossolano, n° 4/15, ottobre 1869, sono riportati dati sulle superfici destinate alle colture. Mentre su tredici comuni vigezzini censiti, solo Coimo risulta possedere cinque ettari di boschi di castagno da frutto, Trontano presenta una superficie coltivata a castagno per ben 70 ettari.

Interventi realizzati
È stata eseguita la potatura di una ventina di esemplari, parte di una antica selva castanile limitrofa al paese e alla stazione ferroviaria

Valle Vigezzo

Per quanto riguarda la produzione quantitativa di castagne un’importante documentazione sono i dati relativi alle quantità raccolte in dieci anni tra il 1780 e il 1789 e pubblicate da Carlo Cavalli (Cenni statistico-storici della Valle Vigezzo Torino, 1845). I dati sono espressi in staia. Uno staio (misura di capacità per le materie asciutte propria dell’Ossola superiore tra Settecento e Ottocento) corrisponde a decalitri 3,249620.
Le 4302 staia di castagne prodotte in Valle Vigezzo nel decennio corrisponderebbero a 139.680 litri. Non è tuttavia il dato assoluto quello di rilievo, quanto l’apporto dei singoli comuni al totale, in quanto indicativo della distribuzione territoriale dei castagneti da frutto.  Coimo, con 1200 staia, da solo copriva quasi un terzo della produzione dell’intera valle. Gli altri paesi che contribuivano considerevolmente erano Toceno (800 staia), Villette (600 staia), Vocogno (550 staia).

Castagno a Coimo
Castagno a Coimo
 

Coimo
Il paese è contornato da antiche selve castanili ora invase dal bosco. Sono presenti numerosi esemplari di grandi dimensioni. Il paese è raggiungibile in auto, a piedi da Sagrogno, a piedi o in bicicletta da Sasseglio (pista ciclabile).
È stato possibile intervenire con la potatura di un grande castagno a monte del paese, e la pulizia dalla vegetazione invasiva.

Sagrogno
A monte del paese, raggiungibile in auto, a piedi da Druogno o in treno, un maestoso castagno di oltre 13 metri di circonferenza rappresenta un vero monumento alla civiltà del castagno. La maestosità dell’albero è stata valorizzata da interventi di pulizia della folta vegetazione infestante.

Orcesco
Un castagno di quasi 8 metri di circonferenza in buono stato di conservazione è collocato a monte del paese, su prati falciati.  Si tratta di un esemplare tra i meglio conservati. Sono stati realizzati interventi di potatura.

Interventi di potatura
Interventi di potatura

Re e Villette
Tra Villette e Re numerosi castagni e parte delle antiche selve castanili sono ancora in buono stato di conservazione. A Villette, un piccolo museo etnografico (la “Ca’ di Feman”) conserva inoltre reperti significativi legati alla civiltà del castagno. Sono stati realizzati interventi di potatura a carico di dieci esemplari a Villette e di due esemplari a Re, uno di quali lungo la mulattiera che sale a Villette.
Si consiglia la salita a Villette da Re (raggiungibile in treno) lungo l’antica mulattiera, percorribile anche in bicicletta.

La coltivazione del castagno in Valle Cannobina

Orasso
Orasso
L’importanza delle castagne secche bianche, sia per l’alimentazione individuale che per l’esportazione, è documentata dal numero delle grà presenti in valle e indicative di un particolare trattamento delle castagne che, sebbene diffuso su tutto l’arco alpino, in valle assume le dimensioni di una vera e propria “industria valligiana”.
Su un’indagine condotta in valle (Bergamaschi, 2004), su cinque villaggi, risultano presenti in media una grà ogni 14 abitanti (al censimento del 1951).
Nel solo anno 1723, quindi in un periodo storico in cui il raffreddamento climatico stava raggiungendo l’apice inducendo ripetute annate di carestia cerealicola, la produzione di castagne secche in Val Cannobina raggiunse i 420 quintali.

Orasso
Da Orasso (690m) su mulattiera e sentiero ben segnato si sale in poco più di un’ora a Monte Vecchio (1076m), attraversando una antica selva castanile tra le più vaste presenti a livello provinciale. Ormai invasi dal bosco, un grande numero di antichi castagni, molti anche di dimensioni ragguardevoli, rappresentano la memoria della grande importanza economica che la castagna ebbe per la valle nel passato.

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Piazzola
Da Socraggio (485m), una mulattiera in pietra sale al Monte Piazzola (680m), piccolo nucleo rurale trasformata oggi in Centro di Educazione Ambientale. Qui, nell’ambito del progetto Interreg IIIA “Di Monte in Monte”, una serie di interventi mirati permettono la fruizione del patrimonio architettonico (abitazioni, stalle, fienili, una grà) e naturale a fini educativi. Una serie di pannelli divulgativi consentono la visita autoguidata al Centro. A carico dei di una decina di castagni di pregio si è provveduto alla potatura e all’eliminazione della vegetazione arbustiva ed arborea infestante.

Ultimo aggiornamento ( martedì 01 aprile 2008 )  
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