Home |
Progetti |
Natura e Paesaggio |
Cultura alpina |
Arte ed Architettura |
Musei ed Ecomuseo |
Percorsi |
Laghi e Torbiere |
< Indietro |
---|
Tra terra ed acqua: Laghetti e torbiere
L’ incontro con un piccolo lago lungo i sentieri in montagna,tra rocce o pascoli, riesce quasi sempre a distrarre dal cammino anche l’escursionista più frettoloso, costringendolo ad una pausa per godere della bellezza del paesaggio.
L’acqua, elemento di vita, caratterizza con la sua presenza i cosiddetti “ambienti umidi”: rive dei torrenti, ruscelli, laghetti in quota, paludi e torbiere che contribuiscono in modo decisivo ad una grande ricchezza biologica, ospitando comunità di specie vegetali ed animali molto specializzate e, in alcuni casi, molto rare.
Laghetti alpiniSulla superficie delle loro acque libere possiamo trovare piante radicate al fondo ma le cui foglie, fiori e frutti galleggiano sull’acqua, come il raro coltellaccio natante (Sparganium angustifolium), o la brasca (Potamogeton).
In un piccolo lago della Valle Vigezzo una recente segnalazione individua una popolazione di calamaria (Isoëtes), piccola piante molto rara, presente in un numero estremamente limitato di stazioni alpine, adattata ad una vita completamente sommersa e tipica delle acque ferme “oligotrofiche”, cioè povere di sali minerali.
Il passaggio dalla terra all’acqua è costituito da formazioni vegetali in cui alcune specie caratteristiche “colonizzano” le fasce più esterne del laghetto, e ogni anno, disseccandosi, contribuiranno in modo decisivo ai processi di interramento con i loro resti organici.
Si tratta ad esempio di carici come la carice rigonfia (Carex rostrata) e la carice nera (Carex fusca), o dei pennacchi (Eriophorum scheuchzeri e Eriophorum angustifolium) dalle caratteristiche infruttescenze a fiocchetto.
Un pericolo nascosto
Nell’area compresa tra Valle Ossola e Canton Ticino (Svizzera) alcuni laghi alpini sono risultati particolarmente sensibili all’acidificazione, in particolare laddove i bacini imbriferi sono costituiti prevalentemente da rocce poco solubili (gneiss e altre rocce silicee) non in grado di “tamponare” l’acidità degli inquinanti.
La presenza di rocce calcaree rappresenta una protezione per una parte dei laghetti (è il caso ad esempio del lago del Marmo o del lago Geccio), perchè le loro acque riescono a “tamponare” in parte o del tutto l’eccesso di acidità.
In altri casi le conseguenze possono essere anche gravi, tanto che alcuni laghi presentano indici di acidità molto alti: a breve distanza, ad esempio, alcuni laghi della Val Maggia sono acidificati al punto che le loro acque sono divenute oggi addirittura inospitali per i pesci.
Torbiere: laghi ...”invecchiati”
E’ per questo che sono scomparsi molti di questi ambienti, soprattutto in pianura e sul fondovalle, dove maggiore è stata la pressione antropica e la ricerca di superfici utili per l’agricoltura, mentre sono stati risparmiati da interventi da parte dell’uomo alle quote più elevate. In realtà si tratta di ambienti di grande attrattiva sul piano naturalistico, e di grande importanza sul piano ecologico.
Le torbiere sono generalmente bacini lacustri soggetti ad un progressivo interrimento per accumulo di materiale vegetale, processo che nelle estreme condizioni climatiche alpine può essere anche molto lento.
Lo strato erbaceo si affonda in un denso strato di muschi, di spessore consistente, gli sfagni, in grado di assorbire grandi quantità d’acqua.
La torba è l’humus scuro, quasi nero, che affiora qua e là, povero di elementi nutritivi, che si forma in ambiente molto acido e povero di ossigeno, con forte rallentamento dei processi di decomposizione dei resti vegetali.
La vegetazione di una torbiera non è uniforme, ma è costituita da comunità vegetali differenziate a seconda del diverso grado di consolidamento.
Le fasce immediatamente in continuità con i residui specchi di acque libere sono dominate da carice rigonfia (Carex rostrata) o dalla cannetta di palude (Phragmites australis) alle quote inferiori (le paludi del fondovalle, come Pian delle Lutte, o il canneto di Orcesco).
Successivamente Pennacchi, carici, giunchi ed equiseti, e tra questi, parnassia (Parnassia palustris), primula farinosa (Primula farinosa), cinquefoglia tormentilla (Potentilla erecta), tajola comune (Tofieldia calyculata) o genziana bavarese (Gentiana bavarica), rincospora (Rhynchospora alba).
Ma sarà certamente una piccola e rara pianta insettivora a catturare nella maggior parte dei casi la nostra attenzione: la delicata rosolida a foglie rotonde (Drosera rotundifolia).
Le foglioline sono tondeggianti, lungamente peduncolate e disposte a formare una rosetta radicale.
Le pagine fogliari superiori sono ricoperte da sottili peli, detti “tentacoli”, terminanti con una estremità arrotondata secernente una gocciolina di liquido denso, appiccicoso e trasparente, che permette alla pianta di catturare piccoli organismi animali, e di ricavarne direttamente gli elementi nutritivi di cui necessita (soprattutto azoto e fosforo, scarsamente presenti in questi ambienti).
Torbiere protette:Pian dei Sali e Pian della Segna
In questo territorio montano di confine due siti umidi di pregio sono stati oggetto di interventi di tutela.
Nella vicina Centovalli, in Svizzera, presso il Monte Comino, la torbiera di importanza nazionale di Pian Segna, è un importante biotopo tutelato dalle leggi nazionali dal 1991.
< Indietro |
---|